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Messaggio  ronin Ven Giu 13, 2008 12:13 am

Volevo inaugurare il nuovo forum postando un articolo, completo della traduzione. Pare che sia troppo lungo per postarlo, quindi, eccovi il link: http://mileskessler.gaia.com/blog/2008/4/the_evolution_of_response

L'altro giorno ho sentito l'Autore, che mi ha anticipato che nel suo prossimo seminar a Torino, tratterà l'argomento nello specifico. Semplice no?

Buona lettura, se ne avete il coraggio. Wink
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Messaggio  aoyama.dan Sab Giu 14, 2008 12:05 pm

ronin ha scritto:Volevo inaugurare il nuovo forum postando un articolo, completo della traduzione. Pare che sia troppo lungo per postarlo, quindi, eccovi il link: http://mileskessler.gaia.com/blog/2008/4/the_evolution_of_response

L'altro giorno ho sentito l'Autore, che mi ha anticipato che nel suo prossimo seminar a Torino, tratterà l'argomento nello specifico. Semplice no?

Buona lettura, se ne avete il coraggio. Wink

Grazie rounin!
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Messaggio  ronin Dom Giu 15, 2008 11:06 pm

Provo ad inserire la traduzione dell'articolo. E' abbastanza lunga, per cui sono costretto a postarla in più volte. N.B. La traduzione è fatta da me, per cui è da prendere con le molle. Wink


L’evoluzione della risposta

Quando guardiamo all’aikido inserito in un contesto integrale, una delle prospettive che dobbiamo prendere è quella dei livelli di consapevolezza. Effettivamente, parlare di livelli alti o bassi è un modo duro di classificazione che sembra andare contro la filosofia dell’aikido di armonia e conoscenza. Comunque, sono convinto che aprirsi a questa prospettiva ci dà un orientamento importante che ci aiuta ad aumentare e trasformare le nostre tendenze più basse e quindi sviluppa ed attualizza i nostri più alti potenziali nell'arte. Molta gente accetterà la teoria di evoluzione, che tutto si evolve, dagli organismi, alle società, alle tecnologie, alle organizzazioni. Ma quando applichiamo l’evoluzione al livello della conoscenza, che ci siano alte prospettive e basse prospettive, c’è chi trova difficile accettare ciò. Ciò che segue è un tentativo di guardare a questa traiettoria evolutiva per applicarla alla nostra pratica dell’aikido. Specificamente, voglio guardare al nostro campo primario di pratica in aikido, conflitto e stress. Ed a come scegliamo di rispondere (al conflitto e allo stress). Per fare questo userò una scala con 7 livelli di risposta alle situazioni di stress (queste corrispondono approssimativamente ai 7 chakras). Questi livelli sono approssimativamente basati sugli insegnamenti di Deepak Chopra, in un seminar al quale ho partecipato. Mentre parlava dei 7 livelli, sono rimasto colpito in quanto corrispondevano esattamente al mio sviluppo ed al (mio) lavoro con gli (i miei) studenti di aikido. Ho elaborato l’insegnamento originario con riferimento a cosa io vedo nell’aikido. Ho anche aggiunto le distinzioni di “strada alta/strada bassa” per creare un chiara distinzione di cosa è “la via” e cosa non lo è in aikido. Devo comunque ammettere che questo è ancora un lavoro in corso per me, e che devo ancora evolvere la comprensione del funzionamento dei livelli 6 e 7. Quindi abbiamo i 7 livelli di risposta:
• la risposta di volo in volo
• la risposta emotiva
• la risposta consapevole e centrata
• la risposta intuitiva
• la risposta creativa
• la risposta dell’alto consiglio
• la risposta divina


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Messaggio  ronin Dom Giu 15, 2008 11:07 pm

La strada bassa - i primi due livelli di risposta sono denominati "la strada bassa" perché riflettono le nostre tendenze più basse, richiedono nessuna disciplina da parte nostra. Noi tutti siamo abbastanza sviluppati per questo livello che si presenta automaticamente quando sorge la situazione di stress o conflitto. Quando prendiamo la strada bassa in risposta allo stress non c’è trasformazione né risoluzione del conflitto.

La risposta volo/volo

A questo livello di coscienza quando si affrontata ad una situazione stressante, questa è percepita come un pericolo e una minaccia alla nostra sopravvivenza. Tutte le risposte sono guidate dalla necessità di sopravvivere e le opzioni di risposta (allo stress ed al conflitto) sono molto basiche e limitate. A questo livello di tutte le risposte sono guidati dalla PAURA. Questo è il sistema operativo base del nostro hardware. Il mondo è visto in funzione della sopravvivenza ed i valori sono vinci o perdi. vivi o muori. Quando diventiamo stressati da qualcosa, questa cosa la combattiamo o scappiamo da essa.

VIVI O MUORI

Come cosa è l’aikido a questo livello? Bene, non è realmente aikido. Non ci sono spazi per la consapevolezza di se, o altro, e non ci sono spazi per l’armonia. Qui la paura è la motivazione primaria ed effettiva. Semplicemente, vivi o muori. Effettivamente, le tecniche d’aikido possono essere applicate, ma quasi certamente saranno vuote di tutti i principi dell’aikido.


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Messaggio  ronin Dom Giu 15, 2008 11:08 pm

2. la reazione emotiva

Avendo sviluppato l’abilità di superare (o, più esattamente, sopprimere) la paura e di controllare le reazioni fisiche della risposta lotta/volo, ci si evolve al livello di risposta emozionale alle situazioni di stress. In altre parole, usando le nostre emozioni per prendere “la Via”. A questo livello di coscienza ci identifichiamo con le nostre emozioni e ci troviamo all’interno di un dramma emozionale quale risposta per la sopravvivenza. Quattro generalizzazioni del dramma emozionale sono:

  • Minaccioso o arrabbiato
  • simpatico o falsamente allegro
  • Testardo o indifferente,
  • fai la vittima, o povero me

    Se attivo o passivo nella risposta alle situazioni stressanti, il dramma emozionale è il sistema operativo a questo livello. Qui la risposta di volo / lotta non è più socialmente accettabile ed i drammi emozionali si trasformano in relazioni sociali, nei rapporti personali e professionali. Sono molto efficaci nel ricevere il nostro senso in conflitto.

    La verità è che molto più spesso che no, queste risposte emozionali allo stress ed al conflitto trasformano il nostro primario sistema operativo contro lo stress. Quando queste tendenze si insinuano nella nostra pratica dell’aikido, esse producono un contesto emozionale che è altamente manipolativo, in autentico e frammentato. La combinazione delle tecniche di aikido con i drammi emozionali fanno del contesto della pratica impressionabili fanno che il contesto della pratica sia molto personale e l'effetto è spesso tossico.
    Questi primi due livelli di risposta sono presenti concentrati nel cervello dei rettili (vecchio di 300 milioni di anni) e sono profondamente condizionati senza il nostro trucco biologico. (???) Siamo strettamente legati alla paura e ci addentriamo nel dramma emozionale. Sarebbe evidente che questi due livelli di risposta non sono destinati a risolvere il conflitto e neanche a trasformarlo. Piuttosto, sono destinati a proteggere, difendere, controllare, manipolare e mantenere lo status quo. Sono funzioni più basse nelle quali rientra tutto ciò che è un modo pre aikido, di trattare con lo stress ed il conflitto.

    Quando questi livelli di risposta si attivano nella nostra pratica, l’aikido inteso come un “alto livello di disciplina” viene ridotto al basso livello, pre aikido, tendenzialmente di bassa lega.

    Come ci evolviamo?
    La paura deve essere vinta. Le emozioni devono essere dominate. Questo non negando o sopprimendo queste tendenze che sono in noi. La negazione e la soppressione frammenteranno solo parti di noi stessi e spingeranno queste tendenze nella nostra ombra (come venirci dietro e morderci il culo quando non stiamo guardando). Per trasformarle, queste tendenze devono essere accettate, lavorate e integrate nel nostro essere noi stessi. Per trascendere queste tendenze ci dev’essere la consapevolezza della scelta. Il primo passo sul sentiero della “alta strada” dell’aikido o di ogni disciplina basata sulla consapevolezza. Inizia con la scelta.

    Osate?


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Messaggio  ronin Dom Giu 15, 2008 11:08 pm

La Strada Alta –la scelta creativa

I seguenti livelli di risposta sono denominati "le risposte dell'alta strada" perché sono il cammino che conduce alle più alte risposte ed alla trasformazione dello sforzo e del conflitto. Scegliere coscientemente di andare oltre il nostro “di base” ancora bassi, con un passo naturale vero la “strada alta”. Questo è il “Do”, (la Via) sulla quale tutti dobbiamo camminare nell’aikido. Inizia con lo svegliarci.

La risposta consapevole

Questo è l'inizio del nostro percorso e la pratica dell’aikido comincia con l’allenamento alla consapevolezza. Comincia con noi stessi. Quando facciamo un passo su un "sentiero", qualsiasi sentiero, stiamo camminando sul sentiero di noi stessi.

Cosa sono le caratteristiche "della risposta centrata di consapevolezza"?

· Quando lo stress ai manifesta avete l'abilità di stare concentrati su voi stessi.

· Il volo di volo può manifestarsi come una reazione di scatto del ginocchio ma non sopraffa la consapevolezza centrata.

· La risposta emotiva si manifesta ma avete l'abilità di stare centrati nella vostra consapevolezza.

· "la capacità" della nostra consapevolezza è più grande e comprende le nostre "tendenze della strada bassa".

· La paura è ridotta significativamente.


Modi di sviluppare la consapevolezza centrata:

· imporsi una meditazione quotidiana.

· Generate nella vostra vita un ambiente abbastanza controllato, "una base di origine" di consapevolezza concentrata. Esempio: il dojo, lo studio dello yoga, abbastanza tempo per la contemplazione e la retrospezione, la comunicazione con la natura.

· Senti il corpo, senti il respiro (specialmente quando lo stress si manifesta).

· Sii consapevole di essere preda delle nostre "tendenze della strada bassa".

· Sii come "uno specchio", rifletti incessantemente su tutto ciò che si manifesta.

Una volta stabilita una centrata consapevolezza, il nostro aikido prende una qualità impersonale. L'identità si sposta automaticamente via dal se in se. Solo quando siamo al punto di essere consapevoli di noi stessi, possiamo connetterci con gli altri. Tutte le alte fasi sulla via iniziano con noi stessi.

Zanshin (continua consapevolezza), shisei (posizione), il chushin (centro), l'equilibrio ed il rilassamento sono alcuni principi sviluppati a questo livello.


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Messaggio  ronin Dom Giu 15, 2008 11:09 pm

4. La risposta intuitiva


Ciò è l'inizio della nostra pratica di connessione, l’inizio dell’awase (armonizzazione) in aikido. Avendo stabilito una centrata consapevolezza, allora si può incominciare a collegarsi con gli altri. Conoscendosi, uno può allora cominciare a conoscere l'altro.

Modi in cui si manifesta la risposta intuitiva:

· Sono concentrato non soltanto nel corpo ma realmente conosco che cosa sta accendendo.

· La capacità di riconoscere cosa l'altro sta osservando, sentendo, di cosa sta avendo bisogno.

· Non soltanto si è consapevoli, ma anche consapevoli del contesto in cui la situazione si manifesta.

· L'intuizione è una forma di intelligenza. Non un'intelligenza razionale, ma piuttosto contestuale, holistica e relazionale. Non è orientata al vincere/perdere, e neanche conta su una spiegazione di causa/effetto.

· Uno ha sia l’abilità di "essere" che di “essere con”. Uno è sia profondamente presente che profondamente connesso.

· Le risposte si manifestano appropriatamente come riflesso delle altre azioni.

· Connettendosi impavidamente con l’altro.

Come accedere

· Crea una centrata consapevolezza col terreno.

· Collegati con l’altro. Fisicamente e non fisicamente, relazionati emotivamente, energicamente contestualmente e così via.

· Mantieni un costante contatto con lo sguardo.

· Scruta e percepisci sia i bisogni degli altri che l’ambiente.

· Vai oltre l’accontentarti della soddisfazione di cosa stai facendo in quel contesto.

· Quando la soluzione intuitiva si manifesta, presenta, agisci.

In aikido relazionarsi ad altri da questo livello è impersonale, onesto e diretto. Nel nostro allenamento c’è cooperazione e accordo, abilità nell’incontrarsi. l’Awase diventa raffinato a questo livello, e si manifesta in tecniche funzionali e fluide. Questo è l’inizio del nostro allenamento al jyu waza. Dal corpo iniziano ad evolvere spontaneamente tecniche e qui è compresa chiaramente l’applicazione del rapporto in aikido.

Il Ki Musubi (connessione di energie, l’awase (relazionarsi), il maai (la corretta distanza ) ed il metsuki (contatto visivo) sono alcuni principi da stabilire a questo livello.


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Messaggio  ronin Dom Giu 15, 2008 11:09 pm

5. La risposta creativa


Al livello della risposta creativa " il sistema delle intelligenze" prende coscienza. Uno ha la capacità di prendere le prospettive multiple e sempre più di vedere la complessità. Le risposte a questo livello sono radicalmente impersonali e sono determinate "dall'intelligenza del sistema".

prospettive multiple

Modi per sviluppare la risposta creativa

· È necessario da avere una visione per un risultato voluto.

· Aprirsi a tutte le prospettive dei canali d’informazione

· Aumentare la capacità di calarsi nella non-mente, o nell'Essere

· Mantenere la visione intuitiva a cui attingere nel contesto

· Abbracciare l'incertezza. Accettare che non conosciamo il risultato che verrà, o quando verrà.

· Fidarsi del processo e lasciar perdere la necessità di controllare

· Rendersi disponibili per quando l’intuizione avviene fuori dal contesto

· Quando la risposta creativa si manifesta, metterla in pratica immediatamente

· Riconoscere che facciamo parte di un vasto sistema nello stress. Siamo una parte integrante dello stress che ci permette di arrivare ad una parte integrante della soluzione.

soluzioni multiple

A questo livello in aikido uno è altamente integrato nel corpo di mente e nella forma/principio. Essendo collegato nella consapevolezza di se e degli altri, e raggiungendo la padronanza tecnica, i principi dell’aikido sono on line. Si capisce il conflitto come un "sistema nello stress" e le soluzioni spiegano come un processo che è generato dal’l intelligenza del sistema. Conoscere che siamo una parte di più grande sistema ci dà la capacità di allinearsi con il relativo intellegence e di ottenere le informazioni necessarie per portare l'equilibrio al sistema.

Questo livello di sviluppo sopra è stabilito in "muga mushin" (nessun corpo, nessuna mente). Il principio "del aiki di takemusu" si sveglia ed il suo aikido si trasforma in un'espressione spontanea e creativa di armonia nel rapporto.


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Messaggio  ronin Dom Giu 15, 2008 11:10 pm

6) La risposta dell’alto consiglio

· Questa è la capacità di tenere sotto controllo le energie archetipiche

· Quando le energie archetypal arrivano on line orchestrate attravreso voi.

· Il leader visionary

· Il leader mythical archetypal/

· Assenza della motivazione egoista

· Rappresenta le più alte aspirazioni della conoscenza collettiva

Operando al sesto livello:

· Si capisce la non-località (vuoto).

· Si capisce il ruolo di massa critica della conoscenza.

Il vuoto è forma e la forma è vuoto.

7)La risposta divina
la risposta divina

· Il punto di riferimento interno è universale

· Trasformazione dell'io personale nell'io universale

· "uchu soku ware / ware soku uchu “ io sono l'universo, l'universo sono io" - O Sensei

· Capacità di vedere l'universale nel particolare ed il particolare nell'universale

· Essere-in-Amore

*Senza praticare, il 99% delle volte le persone seguiranno i primi 2 tipi di risposte. L’1% delle volte avranno la capacità di essere collegati nelle più alte risposte. Per evolverci, dobbiamo praticare.
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Messaggio  marko Lun Giu 16, 2008 3:21 pm

ma allora è 1 fissa e.... affraid



afro w l'afro
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Messaggio  m_c Lun Giu 16, 2008 7:11 pm

Thanks ronin.
molto interessante, come al solito.

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Messaggio  aoyama.dan Gio Giu 19, 2008 10:10 am

olà! ma ho scoperto che l'hakama di aikido è chiamata (o melgio rientra nella categorie delle hakama) chiamata umanori 馬乗り (uma=cavallo) (nori=salire) in pratica hakama da cavallo...da usare a cavallo, perchè è divisa a pantalone.
ciau! Smile
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Messaggio  ronin Gio Lug 03, 2008 2:29 am

Solito Autore, solita traduzione a baccio. Wink


Tai Sabaki free flow

Posted on Jun 23rd, 2008 by Miles

Hello All,
The below video is from a seminar I taught in Krutzlingen, Switzerland last March. In the afternoon I lead the group through a jiyu waza (free/ spontaneous technique) class with several exercises for developing different kinds of ability in the jiyu waza.
This is a clip of a simple tai sabaki (body movement) free flow exercise. In our technical
training there can be a tendency to get stuck in trying to control our partner by cognitively deciding what the next technique will be. And even though with training such a mental process can happen rather quickly, it is still linear and deterministic, and therefore not free. In this exercise the purpose is to help create the shift out of this "technical linear mind set" and towards being responsive in the moment. We do so by temporarily omitting the completion of techniques and rather work towards continuous movement that is spontaneous, appropriate and free. Only to re-integrate the technical aspect of the art in further exercises.



The tai sabaki here of course refers to the irmi and tenkan body movements (entering and turning) which are the active and receptive principles of aikido.


Miles Kessler - Tai Sabaki free flow



Ciao a tutti. Il video seguente è di un seminar che ho tenuto a Kreutzlingen, Svizzera, lo scorso Marzo. Nel pomeriggio ho condotto il gruppo in una lezione di jyu waza (tecniche libere e spontanee), con svariati esercizi per sviluppare differenti abilità nel jyu waza. Questo è un clip di tai sabaki (movimenti del corpo), semplici esercizi di flusso libero. Nel nostro allenamento tecnico possiamo rimanere incastrati dalla tendenza di controllare il nostro partner decidendo con cognizione quale sarà la prossima tecnica. E benché con l’allenamento il processo mentale può avvenire piuttosto rapidamente, questo è ancora lineare e preordinato, e quindi non libero. In questo esercizio il proposito è quello di aiutare a creare lo spostamento da questo " set" lineare tecnico mentale” verso l’essere sensibile a rispondere nel momento. Facciamo in modo di omettere temporaneamente il completamento delle tecniche e lavoriamo piuttosto verso un movimento continuo, che è spontaneo, appropriato e libero. Solo per reintegrare gli aspetti tecnici dell’arte in ulteriori esercizi. Il tai sabaki qui, naturalmente si riferisce ai movimenti del corpo in irimi e tenkan (entrate e girate) che sono i principi attivi e ricettivi dell’Aikido.



https://www.youtube.com/watch?v=ty-a8kjJzLE
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Messaggio  ronin Ven Lug 04, 2008 10:19 pm

Presa pari pari dal forum degli amici di Salerno (http://www.artimarzialisalerno.it/forum), vi segnalo una lettura sicuramente interessante. Si tratta della tesi della dott.ssa Chiara Bottelli, presentata per il conseguimento della Laurea presso l' Università degli Studi di Torino Facoltà di Lettere e Filosofia,Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne, dal titolo ARTE MARZIALE O RELIGIONE? IL RAPPORTO TRA AIKIDO E OMOTOKYO.

</SPAN>

Il testo integrale, per gentile concessione della dott.ssa Bottelli, è scaricabile direttamente da questo link http://www.artimarzialisalerno.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=3445
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Messaggio  ronin Mar Lug 29, 2008 11:07 pm

Appena pubblicato, disponibile in tutte le librerie:

Takemusu aikido. Vol. 5: Bukidori & ninindori.
Saito Morihiro, Edizioni Mediterranee
18,90 Euro

E' l'ultimo libro della serie "Takemusu Aikido" di Morihiro Saito Sensei pubblicato in lingua italiana, in inglese tutta la serie era già disponibile da tempo.
Personalmente non sono un amante dei libri nei quali vengono illustrate le tecniche, comunque comprerò anche questo, come a suo tempo ho comprato gli altri, per una mera questione "affettiva".
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Messaggio  ronin Mar Set 09, 2008 1:45 am

Di ritorno da un mese di soggiorno in Giappone, le riflessioni dell'amico Marco Rubatto:

http://www.aikime.blogspot.com/
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Messaggio  WASABI Mer Set 24, 2008 4:17 pm

ronin ha scritto:Di ritorno da un mese di soggiorno in Giappone, le riflessioni dell'amico Marco Rubatto:

http://www.aikime.blogspot.com/

Bell'articolo, non c'é che dire. E' difficile dare torto a quanto scrive Marco, anche se definire Iwama 'tomba' dell'Aikido, oltreché (volutamente) provocatorio, suona anche un pò come bestemmia. I problemi che sono nati dopo la morte di Saito sensei sono noti a tutti. scratch
Personalmente non mi preoccupo più di tanto di queste tristi beghe da comari che sono 'esplose' ad Iwama. Io continuo a fare e praticare il mio (modesto) aikido nella nostra ottima palestra. Che poi sopra di questa ci sia il cappello di tale o tal'altra federazione, sinceramente, me ne importa poco poco. L'importante é che non ci portino via il nostro maestro Cool
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Messaggio  ronin Ven Set 26, 2008 12:51 am

WASABI ha scritto:
Bell'articolo, non c'é che dire. E' difficile dare torto a quanto scrive Marco, anche se definire Iwama 'tomba' dell'Aikido, oltreché (volutamente) provocatorio, suona anche un pò come bestemmia.
Le impressioni di Marco al suo rientro dal Giappone hanno confermato l’idea che mi ero già fatto della situazione. Che esistano delle discrasie tra quanto viene decantato a voce e quanto effettivamente praticato nella realtà è d'altronde una costante in tutte le attività in cui l’essere umano è protagonista. Magari dispiace che siano proprio grandi personaggi a manifestare queste incongruenze, ma tantè. Non ho trovato blasfemo lo scritto di Marco perché penso che la sua amarezza non sia altro che la presa di coscienza del fatto che un luogo idealizzato come puro e incontaminato, nel quale trovare oltre che le radici dell’Aikido anche il suo spirito più profondo, all’atto pratico manifesti tutte le imperfezioni e le meschinità che la quotidianità propone.

I problemi che sono nati dopo la morte di Saito sensei sono noti a tutti. scratch
I problemi penso fossero preesistenti alla morte di Saito Sensei, e solo dopo che questa è avvenuta sono venuti alla luce del sole. Ma si sa, quando i giganti scompaiono sono i nani a farla da padrone.

Personalmente non mi preoccupo più di tanto di queste tristi beghe da comari che sono 'esplose' ad Iwama.
Nessuna preoccupazione al riguardo: la notte dormo tranquillamente, e pure l’appetito non ne ha risentito.

Io continuo a fare e praticare il mio (modesto) aikido nella nostra ottima palestra.
Che poi sopra di questa ci sia il cappello di tale o tal'altra federazione, sinceramente, me ne importa poco poco.
E questo, penso, è l’importante. Per il resto, l’Aikido è una cosa che mi piace molto e non intendo rovinarmi il piacere per questioni che esulano dalla mia pratica e dal mio sentire. Aikido finchè i legamenti permettono.
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Messaggio  ronin Dom Ott 05, 2008 2:08 am

L'Aikido in 3 facili lezioni

I. Sentire dove sei.
Alcuni di voi sono consapevoli che noi insegniamo un'arte chiamata Aikido, la via per armonizzarsi con lo spirito o l'energia dell'Universo. Per semplificare l'apprendimento insegniamo tre principi. Il primo principio di base è lo stato di presenza o centro. Questo può essere tradotto come "sentire dove sei". E' l'abilità di focalizzare la consapevolezza nell'attenzione. Come punto di partenza porta l'attenzione dentro al tuo corpo fisico, poi allarga questa consapevolezza all'intera tua vita.
Sentire dove sei può significare sentire dentro, al centro del proprio corpo, sentire dove c'è rigidità o resistenza al flusso dell'energia attraverso il proprio corpo. Significa anche sentire dove si è rilassati o dove l'energia sta fluendo liberamente. Usando la dimensione fisica come punto di partenza esperimenta la sensazione d'essere sentendola. Il corpo è una porta per sentire dove sei.
Il primo principio include la sensazione di dove sei mentalmente ed emotivamente. Include il fare attenzione alla propria attitudine fino a coinvolgere anche le proprie relazioni nel mondo. Sentire dove sei nello spazio, sentire dove sei nei rapporti con altre persone. Sentire dove sei in rapporto agli atteggiamenti e alle emozioni delle altre persone. Sentire dove sei può includere numerose e sottili dimensioni, come sentire dove sei nella tua vita o sentire dove sei nella creazione.
Focalizzare la tua attenzione su dove sei ti permette di giungere al dove necessiti di andare o di conoscere ciò che devi completare. E' la focalizzazione della consapevolezza nell'attenzione che ci permette di attraversare una porta invece di sbattere contro un muro. Vale altrettanto per il nostro stato mentale, emotivo e spirituale, per il nostro lavoro e la nostra dimensione fisica, quando passiamo da una stanza all'altra.
Non puoi giungere lì dal non qui.
SENTIRE / INTUIRE
II. Rapporto di non resistenza.
Il secondo principio delle tre facili lezioni è il rapporto di non resistenza. Molto semplicemente non resistenza significa non opporsi a ciò che è, non opporsi ad una situazione o a un cambiamento, non opporsi ai propri sentimenti, non opporsi ai sentimenti degli altri, semplicemente accettare la situazione così com'è.
Nella pratica fisica dell'Aikido, quando qualcuno ci attacca (ovvero, si verifica un cambiamento), non ci opponiamo alla forza dell'altro. Piuttosto che stare sulla linea di attacco e opporre resistenza subendo una spinta o spingendo a nostra volta, entriamo di fianco all'altro, ruotiamo e guardiamo nella sua stessa direzione e tentiamo di comprendere il suo punto di vista. Ciò apre la porta sul terzo principio: condividere quello che sei nella data situazione. E' difficile condividere se stessi quando si è in opposizione con ciò che è o farsi sentire da qualcuno che sta parlando.
A livello emozionale un rapporto di non resistenza può essere descritto come "aprire un'indagine". Sia che l'emozione sia eccitazione o rabbia, frustrazione o entusiasmo, tristezza o gioia, non opporti ai tuoi sentimenti o a quelli dell'altro. Entra più profondamente in essi e cerca di sentire l'altro. Se un'altra persona reagisce negativamente ad un suggerimento, invece di opporti alla sua reazione o cercare di convincerla, fai un'indagine e chiedile perché si sente così. Chiedile quale potrebbe essere una soluzione migliore o cosa potrebbe migliorare il suggerimento per renderla più soddisfacente.
Un rapporto di non resistenza ci pone nella condizione di poter lavorare insieme in modo creativo, senza dispersione di energia per frizione o contrasto; tutta la nostra attenzione o consapevolezza è focalizzata sulla generazione di soluzioni o di azione positiva.
ARMONIZZARE
III. Condividere quello che sei.
Il terzo principio è: condividere quello che sei. Dare il proprio contributo. Ciascuno di noi ha una visione unica del mondo. Ciascuno di noi ha qualcosa di speciale da condividere. Ciascuno di noi apprezza l'atto di contribuire e gradisce il fatto che un nostro contributo venga apprezzato dagli altri.
I primi due principi sono prerequisiti del terzo. Bisogna: (1) sentire dove si è, che significa essere in uno stato di consapevolezza o di riflessione su di se, focalizzando l'attenzione sull'essere presente, centrato e radicato a terra; (2) stabilire un rapporto di non resistenza, uno stato d'essere in cui ci siamo messi in confluenza con la situazione da affrontare. Non agendo in uno stato di resistenza o risentimento possiamo indirizzare tutta la nostra energia a contribuire all'atto di mutamento. Il problema che più comunemente incontriamo è che la maggior parte delle persone vogliono saltare subito alla terza fase senza passare per le prime due.
E' fondamentale agire in uno stato di "centratura" e radicamento con la terra, com'è pure fondamentale instaurare un rapporto di non resistenza. Qualsiasi resistenza che apporterai ad una situazione provocherà una resistenza. Una volta che sei in uno stato di cosciente consapevolezza e non resistenza, o di funzionamento positivo, puoi dare un contributo di grande valore, perché nessuno può dare lo stesso contributo che tu puoi dare. Una volta centrati e in armonia con la realtà del momento, ci apriamo alla possibilità di condurre il cambiamento. Per cui: senti dove sei, genera un rapporto di non resistenza e condividi quello che sei.
CREARE / CONTRIBUIRE / CONDURRE
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Messaggio  ronin Lun Ott 06, 2008 1:14 am

Una vecchia intervista (del 1990 ) a Morihiro Saito Sensei:

CONVERSAZIONE CON M. SAITO SENSEI
a cura di L. Tranelli
AIKO — Nelle sue lezioni, Maestro, lei si ispira direttamente al modello di insegnamento di
O’Sensei; vuole parlarcene, ed in particolare spiegare se il Fondatore adottava metodi diversi
a seconda del luogo e della circostanza in cui si trovava ad insegnare?
SAITO SENSEI — Non penso che O’Sensei intendesse cambiare il suo modo di insegnare a
seconda del luogo dove teneva la lezione. Tuttavia sussiste una differenza tra il suo
insegnamento ad Iwama e quello proposto in altre occasioni. Ad Iwama infatti, il Fondatore
poteva contare sulla continuità e su una grande disponibilità di tempo, a differenza delle
occasioni in cui era chiamato a dirigere seminari di tre o cinque giorni. In quei casi doveva
fare cose diverse. La differenza tra gli altri insegnanti e me risiede proprio in questo: io ho
ricevuto l’insegnamento direttamente dal Fondatore per oltre venti anni con continuità (1); gli
altri insegnanti che si trovano oggi in tutto il mondo hanno studiato con O’Sensei magari per
quattro o cinque anni, quando il Fondatore si recava all’Hombu Dojo di Tokyo (2), e poi,
venticinquenni, sono partiti per l’Europa ed il Nord America. Iniziando l’insegnamento
laggiù dissero di seguire ognuno il metodo di O’Sensei, tuttavia con differenze tra loro
comprensibili per il motivo che ho detto. In ogni caso io ho rispetto di tutti coloro che hanno
studiato con il Fondatore.
AIKO — Nell’insegnamento di O’Sensei, quanto è importante l’aspetto religioso?
SAITO SENSEI — Io non capisco niente di religione! (ride. ndr). Certo, O’Sensei parlava
anche di religione. Era parte della sua ricerca, uno studio che conduceva personalmente, ma
che non ha mai imposto ai suoi allievi.
AIKO — Lei, Maestro, considera la pratica religiosa separata da quella dell’Aikido?
SAITO SENSEI — Le faccio un esempio: conosce Nakazono Sensei? (3) Nakazono Sensei
parla sempre del Kotodama (4), perciò quando vengo in Europa mi trovo sempre a dover
rispondere alla domanda se il Kotodama è importante per l’Aikido e sul significato di questa
pratica religiosa in relazione all’Arte. La mia risposta è che se il Kototama fosse veramente
importante per l’Aikido, ebbene Nakazono Sensei sarebbe di gran lunga il miglior esperto di
Aikido!
Lo scopo dell’allenamento nell’Aikido non è di ambito religioso bensì è la comprensione e
l’approfondimento di ciò che ci ha lasciato O’Sensei. Dobbiamo continuare a studiare l’Arte
con razionalità.
AIKO — Dovendo descrivere il carattere di O’Sensei brevemente, la sua presenza nella vita
ordinaria, fuori dal tatami, cosa direbbe? Racconterebbe un aneddoto?
SAITO SENSEI — Aneddoti ce ne sarebbero troppi. In una parola direi che Morihei Sensei
era tutto l’opposto di Kisshomaru (5). Era il contrario in qualunque cosa. Vede, Kisshomaru
ha il merito di avere sviluppato in grande l’Aikikai, ma se fosse stato per O’Sensei,
l’associazione sarebbe fallita in tre giorni! (ride. ndr). Credo che da questo si possa intuire
molto del suo carattere.
AIKO — Nella vita del Fondatore e nello stesso sviluppo dell’Aikido, la vita di campagna e
l’agricoltura hanno avuto un’influenza fondamentale, permettendo ad O’Sensei di trovare ad
Iwama la serenità necessaria ai suoi studi mentre si svolgeva la seconda guerra mondiale (6).
Lei stesso, Maestro ha lavorato la terra e conosciuto la vita agricola. Quale importanza hanno
avuto nel suo Aikido?
SAITO SENSEI — Io lavoravo per il Fondatore; servendolo in ogni modo e dedicandogli la
fatica del lavoro nei campi, sono stato ricambiato con parole che nessun altro allievo avrebbe
potuto ricevere con la sola partecipazione agli allenamenti serali. Le manifestazioni di lode, di
riconoscenza, di affetto che ricevevo creavano un bellissimo rapporto tra Maestro ed allievo.
Credo che il servizio al Maestro sia un aspetto fondamentale della relazione tra Maestro e
allievo: il discepolo cerca di soddisfare il Maestro impegnandosi con tutto il cuore, il Maestro
ricambia con l’affetto e l’insegnamento. All’Hombu Dojo gli altri allievi fecero arrabbiare
O’Sensei; per questo motivo egli non insegnò mai le tecniche di ken e jo quando si recava a
Tokyo.
AIKO — Anche lei, Maestro, ha fatto parte della compagine degli istruttori dell’Aikikai
Hombu Dojo per diversi anni. Per quale motivo ha smesso di insegnare a Tokyo?
SAITO SENSEI — Ci sono molte ragioni. In primo luogo era molto distante. Inoltre,
mentre dal ‘60 al ‘64 andavo il mercoledì, poi mi fu affidata la lezione della domenica.
Dovevo perciò rinunciare all’allenamento domenicale ad Iwama ed affidarne la direzione ad
un sempai (allievo anziano). Avvenne che, in mia assenza, questo sempai conducesse delle
lezioni poco ortodosse, cercando nuove tecniche e corrompendo l’insegnamento del Dojo. Gli
allievi, scontenti di questa situazione, mi fecero sapere di aver ricevuto insegnamenti sbagliati
e di essere insoddisfatti e confusi. Capii così che non potevo continuare ad affidare ad altri la
lezione domenicale e smisi di andare a Tokyo. Tenevo molto all’allenamento della domenica.
AIKO — Nello “Stile di Iwama”, che, dopo la scomparsa del Fondatore, lei conserva
nell’Ibaragi Dojo e diffonde nei numerosi viaggi in Europa ed in Nord America, riveste
un’importanza centrale il concetto di Riai. Vuole caratterizzarlo sinteticamente?
SAITO SENSEI - il Riai nell’Aikido è l’integrazione che sussiste tra Taijutsu (tecniche
disarmate) e Bukiwaza (tecniche armate). E’ una composizione armoniosa dei principi e delle
ragioni alla base dei movimenti nelle tecniche disarmate, di spada e di bastone. Ogni ragione
si lega alle altre. La struttura razionale del Taijutsu va agganciata a quelle dell’Aikiken e
dell’Aikijo. L’Aikido è tutte e tre le cose insieme perchè divengano una sola pratica.
AIKO — Lei ritiene, Maestro, che questa integrazione tra le tre tecniche sia giunta quale
risultato finale dell’articolatissima esperienza maturata dal Fondatore, oppure sia un’idea
originaria cui egli ha poi ispirato lo studio di tante arti marziali e la creazione dell’Aikido?
SAITO SENSEI — Entrambe le cose. Come ho mostrato durante lo stage, nel libro scritto
da O’Sensei più di cinquanta anni fa (e corredato da molte sue fotografie. ndr) si vedono già
forme di jo e ken integrate con il Taijutsu. Da quando il Fondatore si ritirò ad Iwama, non
dovendo più lavorare, la sua ricerca proseguì in quella direzione. Egli approfondiva il suo
studio praticando, ora, sempre e solamente Aikido, fino a completare l’opera e giungere così
al risultato che lei intende. O’Sensei diceva talvolta che ciò che aveva studiato e praticato
prima non era il vero Aikido, che solo ad Iwama aveva raggiunto il vero Aikido.
Naturalmente, per me ed altri suoi allievi è difficile condividere questo pensiero: ciò che
O’Sensei aveva sperimentato in passato era necessario per arrivare all’Aikido di Iwama; così
per me come per altri l’intero percorso è stato mereviglioso, dall’inizio alla fine, le vecchie
tecniche come le nuove. Questo è il motivo per cui tra i vecchi allievi si trovano dei bravi
insegnanti. L’insegnamento di O’Sensei è splendido, dall’inizio alla fine e la sua forma finale e
definitiva è lo “Stile di Iwama”. Gìa prima di Iwama il Fondatore aveva in mente il ken e il
jo, ma l’integrazione non era completa, perciò quando insegnava a Tokyo le tecniche
disarmate e quelle armate erano separate. Una volta ad Iwama, egli cambiò tante cose, anche
riguardo agli angoli di entrata come abbiamo visto ad esempio per lo “shiho nage” e giunse
ad unificare le tre tecniche. Perciò i suoi allievi durante la guerra non hanno avuto
l’insegnamento della spada e del bastone; il metodo non era ancora compiuto. Ecco perchè
mi trovo ad essere l’unica persona al mondo ad avere ricevuto l’intero insegnamento. Sono il
solo. Non c’è nessun altro.
AIKO — L’Ibaragi Dojo di Iwama, eretto da O’Sensei, ed a lei affidato sin dalla scomparsa
del Vecchio Maestro, sarà presto smantellato nel corso di una operazione immobiliare. E’
interessato anche il santuario dell’Aiki adiacente al Dojo? Quali provvedimenti ha preso al
riguardo?
SAITO SENSEI — Il terreno dove sorge il Dojo sarà posto in vendita, ma non quello su cui
sorge l’Aiki Jinja. Il nuovo Dojo sarà costruito accanto al santuario. I termini della vendita
non sono ancora definiti. Quando i proprietari avranno deciso, si cominceranno i lavori per il
nuovo Dojo (7).
AIKO — Come trova, Maestro, l’atmosfera e la presenza dei praticanti in Italia?
SAITO SENSEI — Sono molto contento perchè in questo stage di Paolo (Corallini) ho
incontrato tante persone provenienti da vari gruppi. Vede, nei primi anni quelli dell’Aikikai
d’Italia non partecipavano con mio grande dispiacere. Ultimamente però noto piacevolmente
una maggiore presenza ed apertura.
AIKO — Come giudica la qualità dei praticanti italiani?
SAITO SENSEI — E’ difficile rispondere. Non si possono fare paragoni con gli aikidoka di
altre nazioni. La maggior parte di coloro che praticano Budo (le vie marziali) condividono lo
spirito dei samurai, e anche in Italia si trovano praticanti con una sincera passione per
l’Aikido. Questo mi riempie di piacere. In Italia Tada Sensei ha svolto un ottimo lavoro.
Lo stage è stato molto bello, lo stare insieme a voi mi ha fatto venire voglia di ritornare.
AIKO — Sotto quali aspetti vede la tecnica come strumento di crescita interiore?
SAITO SENSEI — Nell’Aikido non esiste la competizione ed inoltre è molto razionale. E’
meraviglioso vedere tutti coloro che conducono la loro ricerca sulla strada più dura
impegnandosi nell’Aikido. Un aspetto della bellezza dell’Aikido è come la sua teoria si possa
applicare alla vita quotidiana e sociale. Questo è il motivo per cui tutti sono felici di fare
Aikido. Nelle città giapponesi, nel Dojo di Aikido, dopo la lezione dei bambini, i genitori
dimostrano grande riconoscenza e soddisfazione per il lavoro degli insegnanti. Ciò perchè i
bambini lì imparano l’educazione e crescono sani e buoni di cuore.
AIKO — A proposito di questa crescita interiore, lei ritiene che il praticante occidentale
abbia le stesse potenzialità del giapponese?
SAITO SENSEI — Non c’è differenza. Se un maestro dicesse che uno straniero non può
arrivare dove può il giapponese, sarebbe un insegnante che non sa insegnare. Le possibilità di
capire sono le stesse, tuttavia questo non significa che non esistano differenze tra un popolo e
l’altro. A prescindere da queste, in ogni nazione, c’è chi si impegna di più e chi meno, quindi
vi sono non giapponesi che lavorano di più di tanti giapponesi. Non è qui la differenza.
L’unica cosa che si può dire a riguardo dell’attitudine è che i giapponesi sopportano di più la
sofferenza e la fatica. Noi siamo abituati a non mostrare il dolore, a nascondere una malattia,
a continuare senza lasciare trasparire la stanchezza. In voi forse c’è una tendenza a smettere
prima, a sopportare meno. Questo atteggiamento dei giapponesi è spesso esagerato e
personalmente credo che forzare troppo possa diventare dannoso alla salute. Noi però
abbiamo questa tendenza e continuiamo anche se fa male. Vede, anticamente in Giappone
questo atteggiamento era considerato una virtù per cui era nobile nascondere al maestro il
dolore o una maldisposizione. Era bello. Ad ogni modo, i giovani, anche in Giappone stanno
cambiando e forse non vi sono ormai più differenze tra giovani giapponesi e stranieri.
AIKO — Lei, Maestro, ritiene che questo atteggiamento interiore sia un requisito
fondamentale per un buon apprendimento dell’Arte?
SAITO SENSEI — Per migliorare la propria tecnica non occorre questa capacità di
sopportazione, però se uno deve diventare maestro, allora si vede chi ha sofferto e chi non ha
fatto sforzi. Quella resistenza fa crescere la persona. L’attitudine di chi non ha sopportato in
questo modo si riconosce, perciò, per quanto non si notino differenze nell’abilità tecnica, si
capisce chi potrà diventare un maestro e chi no.
(1) Saito Sensei ha iniziato lo studio nel 1946. La scomparsa del Fondatore avviene nel 1969.
(2) Si tratta naturalmente dell’Aikikai Hombu Dojo oggi diretto dal nipote del Fondatore, Waka Sensei Moriteru
Ueshiba.
(3) Mutsuharu Nakazono Sensei, uno dei primi maestri giapponesi recatisi in Europa e tuttora in attività.
(4) Il Kotodama (Anima dei Suoni) è una pratica spirituale scintoista che si fonda sullo studio e l’uso dei suoni e
del loro potere.
(5) Il terzo figlio del Fondatore, attuale Doshu (Guida dell’Arte).
(6) O’Sensei si ritirò ad Iwama fin dal 1942, fondando l’Ibaragi Dojo come palestra/fattoria all’aria aperta.
(7) L’inaugurazione del nuovo Dojo è prevista per il 25 settembre.
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Messaggio  marko Lun Ott 06, 2008 2:22 pm

molto interessante!!
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Messaggio  ronin Lun Nov 24, 2008 12:35 am

Posto qui di seguito una seie di articoli di Philippe Gouttard Sensei che non ho ancora letto. Sono scritti in francese.....per chi lo capisce o per chi come me cerca di arrangiarsi. Peccato non trovare in rete articoli di "aiki pensatori" in italiano......

Échauffement (I)
Il me paraît important de réfléchir au sujet de ce moment important pour une pratique
sans blessure et sans frustration.
La première réflexion qui m'arrive est que, si nous devions pratiquer notre art dans un
autre endroit que le dojo, il nous faudrait évoluer vite et avec énergie sans être passé
par la mise en action de notre corps.
Il me revient en mémoire le film de Bruce Lee The way of the dragon qui mettait en rapport Bruce Lee et Chuck Norris, lesquels, avant de s'affronter au Coliseum de Rome, se tournaient le dos d'un commun accord tacite, et s'échauffaient. De même il me revient en mémoire le film Nikita de Luc Besson. Anne Parillaud arrivait sur le tapis sans aucune préparation et, sans le moindre problème retournait la situation à son avantage en mordant son partenaire avec un non-respect des règles qui faisait sourire le spectateur mais qui, d'un point de vue respectueux, allait à l'encontre des règles du Bushido.
Une autre histoire sur cet échauffement me semble importante à comprendre. L'histoire se passe dans le métro lyonnais, un jeune homme de 25 ans se trouve confronté avec un de ces jeunes qui provoquent les passagers de temps en temps. Le jeune homme est gradé en Karaté mais il se fait battre par le plus jeune et quand on lui demande pourquoi il s'est fait battre, sa réponse est la suivante : « j'ai attendu qu'il me salue »
« Échauffement » pour moi veut dire : « être prêt a tout, vivre, mourir, gagner et perdre »,
Préparer son corps à être à l'unisson avec son esprit ».
Ce moment de l'échauffement est non seulement celui où le corps se met en action mais aussi celui qui nous permet de changer de situation et de nous mettre en harmonie avec ce que nous sommes venus faire ici. L'échauffement nous met en attention avec nous-même et il est évident que plus nous progressons, moins l'échauffement « musculaire » est important.
L'échauffement me permet de mettre de la conscience dans mon corps. Chaque fois que je fais un geste, je scanne mon corps pour savoir comment réagissent les différentes parties de celui-ci afin de le former à être prêt quand l'action occultera ma perception du danger. La blessure arrive quand mon cerveau ne peut intégrer le message dangereux et ne peut transmettre à mes cellules la bonne information, ces cellules formant mes muscles et articulations, me permettant de trouver la bonne réaction.
Dans notre pratique il est rare de faire un geste au-delà de l'imprévu mais il est fréquent de subir un geste au-delà de l'acceptable. L'échauffement nous permet de porter nos sens à un niveau qu'ils ne pensaient pas pouvoir accepter.
Il est aussi fréquent que nous nous échauffions avec un partenaire et, d'un commun accord, la pratique est douce et lente. Notre dilemme en aïkido est celui-ci : on s'entraîne toujours en fonction de notre ressenti, jamais en vue d'un challenge. Ce qui permet de faire un échauffement différent en fonction de la situation.
Pour moi l'échauffement personnel, aujourd'hui, doit être le plus exigeant possible, il me faut faire lentement les exercices qui me demandent le plus d'investissement afin de préparer mon corps à un effort imprévu. Parfois je décide de ne pas faire d'échauffement pour mettre mon corps dans l'incertitude et savoir si l'entraînement quotidien permet d'être prêt à répondre à toute sollicitation du dehors.
Dans notre pratique, l'échauffement nous met aussi à l'unisson avec nos futurs partenaires, on est ensemble, on fait des exercices simples que tout le monde peut réussir. Aussi ne faut-il pas les exécuter de façon mécanique car un jour ou l'autre notre corps devra en payer le prix.
Tous les exercices faits à l'échauffement sont les mêmes que ceux que nous pratiquons avec un partenaire. Si, à l'échauffement, ils ne sont pas parfaits, avec un partenaire ils seront dangereux pour lui et pour moi.
Pour bien contrôler le corps de mon partenaire, il me faut impérativement contrôler le mien de façon irréprochable.
Pour cela il est important de faire un échauffement irréprochable et non de le faire comme une routine mettant en péril l'essence même des arts martiaux.
Philippe Gouttard
15 novembre 2006


Ultima modifica di ronin il Lun Nov 24, 2008 12:42 am - modificato 1 volta.
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Messaggio  ronin Lun Nov 24, 2008 12:36 am

Échauffement (II)
C'est aujourd'hui pour moi le moment le plus important de notre pratique.
En effet, l'échauffement n'est pas, comme pour un sportif, un moyen de mettre le corps à
température pour répondre à des efforts imprévus.
Notre art nous permet de toujours rester sous le contrôle de notre volonté, ce qui diminue les risques de blessure musculaire.
Mais en revanche, pour pouvoir contrôler le corps d'un autre, il nous faut parfaitement
connaître le nôtre.
Et l'échauffement me semble un excellent moyen d'y parvenir.
A travers les différents exercices proposés, nous mettons notre corps en action et nous le préparons à développer une sensibilité qui devrait nous aider à mieux appréhender notre partenaire.
Il nous faut un corps qui ne se blesse pas par incapacité et inculture anatomique et physiologique.
L'échauffement étant un effort solitaire, il devrait être aisé de connaître mieux nos différents tissus qui seront "choqués" par le contact d'un partenaire n'ayant pas la même sensibilité que nous.
Par exemple, où sont nos points d'appui : pieds, genoux, hanches, mains. Quand nous effectuons des rotations droite-gauche, il est extrêmement important de ressentir sous la plante des pieds comment notre poids se répartit, comment, quand je tourne à gauche, le poids se trouve davantage sur le petit orteil gauche et le gros orteil droit. De plus, pendant ces rotations, il me faut scanner mon propre corps et sentir si je tourne aussi bien à droite qu'à gauche. Ressentir si mes vertèbres ont la même amplitude de rotation. Ressentir comment mon bassin bouge dans ces rotations. Ressentir comment mes genoux absorbent ces rotations et surtout comment mes chevilles vont les contrôler. Ceci, dans
la pratique, me permettra de répondre à la seconde à la demande d'Uke. Mon corps doit être prêt, non par habitude, mais par la perception de l'effort demandé.
De même, à l'arrêt, il est indispensable que nos genoux se trouvent à l'aplomb des petits orteils (pied de la réception) afin de mettre de la force dans les appuis. Si les genoux sont sur la ligne des gros orteils (pied de la propulsion), le moindre choc entraînera une lésion au niveau de l'articulation du pied ou de celle au-dessus du genou.
Ceci est du ressort des gradés qui doivent donner l'exemple lors de l'échauffement pour qu'il ne soit pas un moment où nous les gradés passons notre temps à parler et à regarder ailleurs. Un dernier point important : l'échauffement est propre à celui qui le dirige. Il n'est pas adapté aux élèves mais il est un moyen pour le professeur de comprendre comment son corps réagit. Il m'est apparu que lorsqu'un professeur change d'échauffement, il demande à son corps d'autres efforts. Cela veut dire qu'il a changé de technique ou dans sa façon d'appréhender sa pratique. Soyez attentifs à cela.
Philippe Gouttard
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Messaggio  ronin Lun Nov 24, 2008 12:37 am

Entre-technique
Ce terme d' "entre-technique" est pour moi une aide importante pour comprendre ce qu'est l'aïkido.
En effet, le niveau de notre art a énormément progressé techniquement, mais je trouve que le temps qui s'écoule entre deux techniques est toujours mal interprété.
Pour moi, il est très important de mettre ce temps de "non-contact" avec le partenaire à se préparer à toute demande qu'Uke nous proposera.
Il est indispensable de maintenir cet effort d'attention pour que le corps garde le même rythme que celui d'Uke.
Une attaque, ce n'est pas seulement un contact entre deux partenaires, mais une évaluation permanente de la distance, de la façon dont Uke se relève et se prépare à "attaquer".
Pour moi aujourd'hui, il n'y a qu'une attaque entre Tori et Uke: la première. Toutes les autres vont découler de la façon dont Tori a projeté ou immobilisé Uke. En fonction de la force de la projection, de la douleur engendrée par une torsion du poignet, Uke ne retournera pas vers Tori de la même manière. Il est donc indispensable que Tori se polarise sur la fin de la technique de façon à se concentrer sur la manière d'appréhender ce nouveau contact que la projection ou l'immobilisation va influencer. Il faut faire l'effort pendant le temps de repos car, à l'effort, le corps sait exactement ce qu'il doit faire.
L'attitude de Tori et Uke est déterminante pour le suivi des techniques. En japonais : ki nagare (laisser couler le souffle) évoque la rivière où l'eau ne s'arrête jamais et n'est jamais arrêtée. Seuls les obstacles ralentissent son rythme et deviennent sa direction. Uke est "nos obstacles" et il nous faut trouver le rythme juste, la vitesse adaptée pour ne pas briser ce ki (souffle) qui vit en nous et nous porte à aller de l'avant. Il n'y a pour moi qu'un moyen de rester dans ce rythme, de ne pas sanctionner Uke quand on est surpris, c'est de porter son attention dans les temps de repos, les temps de non-contact.
Non-contact est ici employé dans son acception physique, car il est bien évident qu'il doit toujours y avoir un contact visuel, auditif et peut-être olfactif entre les deux partenaires. C'est pourquoi je pense que tous les pratiquants devraient laisser tomber l'objectif de "réussir une technique" mais bien plutôt se focaliser sur ce temps de "non-contact" afin de mettre dans la pratique une sensation de réflexion à la place d'une volonté de résultat. Mettre en action tous nos sens afin de maintenir la beauté, la droiture et l'honnêteté de notre art.
Philippe Gouttard
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Messaggio  ronin Lun Nov 24, 2008 12:38 am

Homonymes en aïkido
Il m'est apparu important de traduire par des mots précis les émotions et sensations que l'on reçoit durant la pratique. Il faut préciser que ces mots sont ceux de ma propre expérience et donc sont le résultat de 30 années de pratique et surtout de l'étude de plusieurs langues étrangères qui m'ont permis de mieux comprendre le poids des mots dans un langage qui ne devrait être que corporel. J'ai commencé l'aïkido en France, ce
qui induit un enseignement oral et visuel. Puis après quelques années je suis parti à l'étranger et j'ai passé des moments très difficiles car l'enseignement oral n'avait plus de sens pour moi, ne comprenant rien à ce que disaient les experts étrangers.
Mais une bonne sensation m'est apparue : l'oeil est plus fiable que l'oreille, lorsqu'on veut reproduire un geste. Que veut dire pour un débutant travailler fort, bouger comme ceci ou cela. Nous avons nos mots et l'enseignement consiste aussi à donner à tous les élèves le langage du professeur.
Quand je suis arrivé au Japon, j'ai trouvé très beaux ces mots que les maîtres disaient. Je croyais qu'ils employaient le langage fleuri des maîtres de poésie japonaise (haiku) pour nous expliquer la subtilité de cet art. J'ai été déçu quand la traduction arrivait et surtout quand j'ai commencé à être plus à l'aise dans cette langue. Les maîtres utilisaient les mêmes mots que nous et expliquaient les techniques avec les mêmes mots que les maîtres français que je voyais.
Au cours de ma pratique et de mon enseignement, j'ai eu la chance d'aller dans plusieurs pays et je me fais un devoir de parler la langue du pays où je me trouve. Il est bien évident que je raconte les mêmes choses mais j'ai appris qu'un mot dans un dojo n'a pas la même valeur que dans un autre. Il me faut pour être compris de ces différents élèves devenir un des leurs. Et avant de me faire comprendre il faut que moi je les découvre. En deux mots il nous faut nous apprivoiser.
Le premier "jeu de mots" qui me vient est le terme "chute avant". Pour moi ce mot est dangereux : il vaut mieux dire chute en avant car lorsqu'on dit à un débutant : "chute avant", il peut comprendre ce terme "avant" soit avant dans l'espace soit avant dans le temps. C'est pourquoi beaucoup de débutants font des chutes avant la douleur car leur corps leur a déjà enseigné le danger. Il vaut mieux dire chute en avant pendant une projection.
Une autre différence sur laquelle je voudrais insister : chute et projection. Il y a une grande
différence entre ces deux mots. Chute est un terme que l'on emploie lorsqu'on est seul dans l'action.
Je suis tombé tout seul, j'ai fait une chute. De plus, chute induit comme préposition sur et la chute est verticale. Projection implique la présence d'un tiers qui peut être soit matériel soit humain.
Projection induit la préposition vers, ce qui implique un mouvement horizontal. En aïkido, nous faisons des chutes en avant quand nous sommes seuls et nous subissons des projections quand un partenaire nous projette. J'aime bien rappeler ici que projeter a les mêmes syllabes que le mot protéger.
Il est très important pour moi de mettre un nouveau vocabulaire dans la pratique. Il ne faut pas changer les techniques mais adapter de nouveaux mots qui permettront à un débutant de comprendre notre art et d'avancer dans la voie qui sera la sienne plus tard.
Je ne parle pas des mots comme fort, souple, dur, léger. Ce sont des mots qui nous sont propres et qui changent de sens et de valeur tous les jours au cours de notre progression.
En Europe notre système de compréhension passe par les oreilles mais notre éducation donne des sens différents à des mots que nos parents ou nos maîtres nous ont enseignés.
Enseigner est pour moi donner aux élèves, à travers des techniques corporelles, un sens précis à des mots, à des actions qui, si on est bien éduqué, nous permettront d'être capable de comprendre l'autre.
Philippe Gouttard
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